EDIT è la terza persona del verbo edere - mangiare in latino – ma anche l’acronimo di Eat Drink Innovate Together. Lingua dei nostri avi e inglese, tradizione e futuro, in quattro lettere la sintesi di un progetto articolato che ha preso vita nell’ area industriale degli stabilimenti ex Incet. Un edificio su due livelli dove l’offerta gastronomica si declina in tante sfaccettature: Bakery Café, Pub, Birrificio artigianale, Cocktail Bar, Restaurant ma anche aree per organizzare eventi e cucinare con amici o clienti.
Martedì scorso, con una collega, è al primo piano che siamo stati accolti con estrema cortesia e professionalità, nel salottino del Cocktail Bar per una breve pausa prima di accomodarci al bancone che si sviluppa intorno all’ampia cucina a vista, quindi nell’area ristorante. Ho scritto appositamente “accomodarci” perché dopo una piccola contorsione e un lieve appoggio da quasi equilibrista per chi non è più ragazzino, il trespolo, pardon, la sedia alto locata sarà comoda e accogliente per tutta la cena. Anche se sarebbe più corretto parlare di rappresentazione, spettacolo, opera a più mani dove il cliente divertito, coinvolto e coccolato diventa testimone di una recitazione dove si mescolano con grande abilità materie prime, vini, esecuzione e servizio. Mattatore di questa performance, Matteo Monti è il regista ma anche il primo attore di una brigata o meglio di una troupe di cuochi – un po’ artisti - che si muove con disinvoltura sul palco nato tra i fornelli. Le origini piacentine del neo arrivato capocuoco – solo un mese - traspaiono dalla bella parlata emiliana che ci intrattiene mentre spadella sul filo dei ricordi, delle esperienze personali; il tutto condito con ironia, spirito e simpatia.
Siamo al Tavolo dello Chef e non si sceglie dalla carta, si deve “subire” l’improvvisazione. Mai costrizione fu più apprezzata. La voglia di chiedere il bis è tanta! Una dozzina di assaggi e altrettanti abbinamenti, non solo con vini ma anche con birra, tè e vari drink dove anche il brodo ha la sua giustificazione. Difficile trovare note stonate: rigore, ricerca e naturalezza sempre e comunque sono il denominatore comune. Ricordiamo l’eccelso calamaro e carciofi che gioca con freschezza e consistenze e il morbido radicchio, bernese e caffè dove la salsa al profumo di cerfoglio e dragoncello ammalia e farebbe impallidire molti blasonati cucinieri francesi. E poi c’è la “carne” con contorno di cicorino selvatico. Sì la “carne”!!! Termine troppo generico? Forse, ma notate le virgolette! Si tratta di un … pre-dessert dove grissini sbriciolati, burro nocciola dolce, spuma al burro salato e timo con una punta di senape si sposano incredibilmente, meravigliosamente a un gelato all’aglio dolce. Chiudiamo gli occhi, immaginiamo un arrosto, un cosciotto di agnello, invece siamo al comparto dei dolci. Grandiosa interpretazione che viene ulteriormente accentuata dalle parole di Matteo che spiega di avere fatto bollire sette volte l’aglio nel latte per fargli perdere la sua “cattiveria”. Definizione azzeccatissima per definire l’aggressività di questo bulbo della famiglia delle Liliaceae. C’è poco da aggiungere se non che Francesca è un’ottima spalla, esemplare nel rapportarsi col cliente e che per i meno audaci, vi è la sala ristorante tradizionale dove potere apprezzare la carta.
Per vivere la Chef’s table experience si spendono 65€, 98 con le bevande. Il tutto in un ambiente fuori dagli schemi classici, con posteggio comodo: il vantaggio di non essere in centro.
Edit Restaurant Via Cigna 96/17
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