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Alessandro Felis

La boutique, anzi la Boutic del Caffè!


Tutti sanno che Torino è capitale del cioccolato, che il cacao arrivato a metà del Cinquecento dal Centroamerica ha eletto il territorio sabaudo a seconda patria. Ma anche il caffè, altra pianta di origine tropicale equatoriale ha trovato terreno fertile in città. Il primo locale dove sorseggiare la nera bevanda esotica sarebbe sorto all’inizio del Settecento; difficile stabilire se poco prima o poco dopo della similare bottega inaugurata a Venezia ma poco importa. Da torinese credo fermamente che il primato sia nostro! O no?


Comunque sia, oggi il caffè piemontese è conosciuto nel mondo intero e proprio come il cibo degli dei, accanto alle grandi industrie, vi sono piccole torrefazioni che tramandano il piacere della perfezione dell’aroma che nasce dall’attenta selezione dei paesi produttori, delle piantagioni, delle materie prime, delle ciliegie – così si chiamano i frutti - fino alla miscelazione e alla tostatura.


Una di queste, insignita del riconoscimento di Maestro del Gusto dal 2016, nasce nel 1971. Paolo Di Feo, non senza una punta di giusto orgoglio, racconta la storia del marchio Boutic Caffè succeduto al precedente Cita che era già Harrar. Qualcuno potrebbe interrogarsi sulla grafia del nome? Perché non boutique, un caffè prezioso, da negozio raffinato? Per il semplice motivo che le scritte sui neon costavano caro e risparmiare due lettere risultava un buon – anche se piccolo - investimento! Altri tempi, altre esigenze ma la stessa cura, la medesima attenzione maniacale e il rispetto per i chicchi – e per il cliente – che ancora oggi contraddistinguono Paolo e la sua famiglia, tutta coinvolta nell’attività. Perché, come sempre, dove vi è la qualità vi è l’amore di un nucleo coeso.


Entrate nel piccolo laboratorio e ammirate il torrefattore che a circa 200° C e per una ventina di minuti lavora per donarci il piacere di una tazzina! Per molti, nell’arco della giornata, la tazzulella è un vero rito, un momento di relax, il ritrovare se stessi ma anche gli amici. Una lenta estrazione degli aromi: tempi e temperatura sono sapientemente calcolati per un risultato perfetto che con lievi, imperdonabili errori, potrebbe guastare una partita ed estrinsecare odori indesiderati di bruciato e non solo. Nel cuore di Borgo San Paolo ci si avvicina alla cultura di una bevanda, lontana da noi come luoghi di produzione ma compagna assidua del nostro essere quotidiano.


E dopo una visita a Boutic, diventeremo più esigenti. Sorseggiando un espresso, o un caffè dalla moka – il migliore secondo il padrone di casa – cercheremo i sapori di base: amaro, dolce, acido, salato senza scordare il tannico e pian pianino, passo dopo passo potremo andare a cercare le caratteristiche peculiari, specifiche delle provenienze. E non stupiamoci poi di pretendere miscele particolari, andando a discernere le proprietà organolettiche che differenziano un Guatemala da un Messico o un Etiopia. E solo allora capiremo quanto limitante sia ordinare un semplice caffè al bar. Ormai pochi chiedono un bicchiere di vino senza precisarne colore, vitigno, tipologia, magari anche produttore e quindi perché non pretendere altrettanto per il caffè?


Paolo ci ricorda ancora che l’80% del consumo avviene tra le mura domestiche e qui si apre un altro mondo: sfuso, capsula, cialda, americano ma anche, come richiede il mercato, decaffeinato o surrogati quali orzo e ginseng. De gustibus…


Mi raccomando però, evitiamo almeno l’aberrazione di parlare di caffè d’orzo o caffè di ginseng! Un po’ come chiedere un vino di birra o di chinotto!

Boutic Caffè

Via Monginevro 8b

Torino Tel: +39.011.44.74.504

info@caffeboutic.it

www.caffeboutic.it

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