Una delle domande più ricorrenti, quando fai quello che nell’immaginario collettivo è il più bel mestiere del mondo, riguarda i criteri di scelta dei locali da censire. E spesso non sai cosa dire, più che altro perché vi sono tanti motivi – o no? – per i quali un certo giorno decidi di andare a visitare un ristorante piuttosto che un altro. E poi, una calda sera di mezza primavera, insieme a un amico produttore di vino, ti dirigi verso la collina e parlando, viene fuori che oggi la cucina vive più di video, visibilità, voglia di stupire che di sostanza e ti accorgi che il tuo criterio guida diventa la ricerca di posti veri, dove la proposta, seppur attenta all’evoluzione, è anzitutto selezione e rispetto delle materie prime e quindi rispetto tout court, anche e soprattutto dell’avventore.
Ecco questa considerazione, questa attenzione che oggi sembrano dimenticati e che, casualmente, ritrovi e apprezzi in un locale che fa parte della storia torinese e proprio per questo rimane essenziale, sabaudo, mai sotto quei riflettori che esasperano senza valorizzare . Quella accoglienza che Diego sin dal primo istante ha interpretato in premura, quella che dovrebbero insegnare in tutte le scuole alberghiere, per fare stare a proprio agio il cliente che non deve sentirsi tale bensì un ospite cui dedicare mille attenzioni. Proposta della carta, dell’aperitivo con piacevoli amuse-bouche, con cortesia, discrezione, in una sola parola con quella professionalità che troppo spesso latita. E la cucina? Imperdibile, godurioso, l’assaggio dell’interpretazione dell’ insalata russa con verdure non scontate che dovrete scoprire in loco. E poi si continua con un distillato di piccole coccole che hanno nel risotto allo zafferano con liquirizia sarda e i mezzi paccheri alla bisque di pesci di roccia, polpo e tapenade, due momenti di grande intensità, tant’è che saranno sicuramente tra i piatti fissi di una prossima, improcrastinabile, attesissima visita. Originale la proposta della bella cantina su tablet. Grande Solidoro, assemblaggio di uve Chardonnay e Sauvignon della Tenuta Santa Caterina di Grazzano Badoglio. L’opéra –rigorosamente pronunciato alla francese – è il dessert della casa.
Carmelo Damiano e Marco Granato sono cresciuti professionalmente qui da Giudice e oggi, saldamente al comando di questa istituzione cittadina, trasmettono la loro esperienza, la loro passione che leggerete nei loro occhi ancora prima di scoprirla nelle loro ricette. Menu degustazione a partire da 38 €. Tanta soddisfazione e la garanzia di un locale reale, che va ben oltre le mode. Aperto tutte le sere. Da giovedì a domenica anche a pranzo. Correte per approfittare della veranda estiva!
Giudice Strada Comunale Val Salice, 78
Torino Tel: +39.011.660.20.20 www.ristorantegiudice.com